lunedì 24 gennaio 2011

Palermo 20 gennaio 2011

Ecco il resoconto dell'interessante giornata trascorsa a Palermo.

Ore 11.30:  Il professore Gaetano Scaduto ha dato inizio all'evento presentando me e la dottoressa Trifirò al giovane pubblico che, dapprima disinteressato, ma poi coinvolto, ha iniziato ad interagire  mostrando curiosità e voglia di sapere.
Molte domande rivolte alla sottoscritta vertevano sui temi previsti e in particolare sulla differenza tra Nord e Sud, come stile di vita, come usanze e come tradizioni.
Qualcuno ha voluto sapere come si fa a scrivere un libro (non è stato facile sintetizzare...), altri hanno detto che molte tradizioni sono ancora vive specialmente nei piccoli centri dell'entroterra siciliano.
Altri spunti sono emersi dalla lettura di alcuni brani del romanzo "La primavera di Palma" (http://www.edizionismasher.it/salvatricevilardi1.html): Le condizioni di "donna" nella società siciliana degli anni '30-'40, il senso di onore, il rispetto, la famiglia.
Comunque, è stata un'esperienza che spero di ripetere in altre scuole, sperando di trovare sempre lo stesso consenso e gli attestati di stima ricevuti all'Istituto Platone di Palermo.
A presto. Salvina.

mercoledì 19 gennaio 2011

dal romanzo "La primavera di Palma"


- Che c’è di male se amo Silvestro, a te non interessa che io sia felice? Non è forse questo che desidera ogni cuore di mamma per i propri figli?
Le lacrime scendevano senza che io me ne rendessi conto e, nonostante il mio turbamento, rimanevo come imbambolata.
- Palma, hai solamente venti anni, pensi di meritarti questo? La passione finisce, mi dici cosa farai poi? Ti dispererai, maledirai il giorno in cui è entrato a far parte della tua vita?
Ora un po’ più agitata, portando le mani al petto, con più foga cominciò a dirmi:
- Tua madre, questa donna che ti sta davanti, ti vuole bene ed è per questo che ti parla così.
Sentii che prese un grande respiro, si ricompose e, carezzandomi, mi disse:
- Avanti, non piangere, mi fai stringere il cuore. Vedrai che tra qualche tempo passerà. Su’ amurazzi di carusi. Mi abbracciò, ma stavolta più meccanicamente.
Sapevo che a niente sarebbe valso parlare ancora, le forze mi stavano abbandonando.
- Matri, io non so cosa mi merito o cosa non mi merito, non so dirti come mi sento, ma tu mi capisci, vero?
Il tono della sua voce rimase dolcissimo mentre mi parlava, ma l’espressione del suo viso era tirata. Io la fissavo cercando almeno un po’ del suo consenso, ma non lo trovai. Mamma mi chiedeva di essere lungimirante, mi chiedeva di soffocare questa grande e nuova emozione, perché secondo lei, come spesso succede, avrei avuto altri amori, magari un buon partito e presto avrei dimenticato Silvestro. Mia madre parlava così per risparmiarmi eventuali delusioni, cercava di dirmelo nella maniera più delicata possibile e allo stesso tempo più convincente. Io continuavo a rimanere con l’espressione fissa, ero fortemente turbata e impotente davanti a tutti gli ostacoli che mi poneva davanti, specialmente uno: l’onore della nostra famiglia.

giovedì 6 gennaio 2011

La bara

"Quando morirò voglio essere messa nella bara di ciliegio, quella con il basso rilievo dell’Ultima Cena. Mi raccomando, Crocifissa, non sbagliare!
-Calcedonio, e chi ti dice che tu morirai prima di me? Può essere che io, muoia prima di te!
-E sì, sì, se muori prima di me, cosa vuoi che io faccia per te?
-Intanto vorrei che mi vestissi con il tailleur nero, quello che ho indossato al matrimonio di Maddalena.
-Ma, Maddalena si è sposata dieci anni fa, ti starà ancora?
-Mi starà, mi starà e se arrivo a morire vuol dire che mi sono ammalata gravemente e, se sono gravemente ammalata, non mangerò e perciò dimagrirò tanto e allora mi starà, mi starà. Poi voglio la veletta nera quella che mi metto la domenica mattina per andare a messa e la corona del rosario, quella di vetro che mi ha regalato la zia Letterina, va bene?
-Sta bene Crocifissa e la cassa quale?
-La cassa vorrei che fosse quella in legno massello con la Madonna Addolorata, la corona di spine e i manici bronzati.
-Va bene Crocifissa, sarà fatto.
-Ah, mi scordavo: le calze, le calze devono essere nere velate, anzi velatissime, perché con il tailleur ci vogliono quelle. E senti una cosa Calcedonio, però non farne parola con nessuno: mi potresti mettere un po’ di cipria dopo che muoio? Sai com’è... per sembrare più sistemata!
-Va bene, va bene! Però queste cose Crocifissa li dovresti tenere in vista, perché se fra cento anni dovesse capitare una cosa del genere io non posso certo mettermi a cercare nel guardaroba il tailleur, le calze, e la veletta!  
-Va bene, Calcedonio, sarà fatto.
-E senti, le mani non le vorrei messe sul petto come un angiolo, ma le vorrei giunte, va bene?
-Sta bene Crocifissa, sta bene.
-Poi vorrei che la Santa Messa la celebrasse padre Gattuso e non quello nuovo. Quello è troppo giovane e non mi lascia contenta. Padre Mirabile invece è troppo sbrigativo. E mi raccomando la musica, la banda deve esserci e deve suonare la marcia FIORE CHE NON MARCISCE e poi, Calcedonio, fai un’altra cosa: portati un lapis e segnati chi viene e chi non viene al mio funerale.
I coniugi Messina erano molto anziani e nella loro lunga e onorata carriera di cassamortari avevano visto morire un bel po’ di gente a Parìa: nobili, poveri, ricchi, donne, bambini e tantissimi anziani. Questi erano i discorsi allegri che facevano all'ora di pranzo...".

tratto dalla novella di Salvina Vilardi "La bara"


Serafina...


da "Serafina..."
 
-Buongiorno, signora Serafina, che cosa avete che gridate, è successo qualcosa?  Siete arrabbiata?
-Sì, sono arrabbiata e pure assai, perché stanotte, e per forza di notte deve essere stato, qualcuno ha rovinato una bella troffa dei miei gerani, ma io prego Dio che non deve avere riposo chi è stato!
-Calmatevi signora Serafina non vi incollerite vi potreste sentire male. Piuttosto auguri per vostra nipote, so che si è fidanzata con un bel giovanotto.
-Mia nipote? La figlia di Teresa?
-Si vostra nipote la figlia di vostra cognata Teresa.
-Ecco, per concludere la giornata, la fortuna è delle bagascelle.  Ah, Signore non mi fare parlare. Si tappò la bocca con le mani.
Ma come è possibile che io che sono la cognata non sappia niente? Ne siete sicura signora Grazia, non l’avete forse scambiata per qualcun’altra? Prr.
-No, sono sicura e so anche che il fidanzato, ieri, le ha portato un mazzo di rose rosse, non siete contenta signora Serafina?
-Uhh, contentissima! Prr
-Il ragazzo, sapete a chi appartiene? E’ parente dell’ex sindaco, Sanpiero.
-Ah, pure di buona famiglia! Mia cognata a sua figlia gli permette troppe modernità. L’altro giorno, che rimanga tra di noi, hanno visto mia nipote Lauretta su di un motorino con un ragazzo nel corso principale del paese.  Cosa giusta, vi pare? Ma presto vedrà, signora Grazia, che si sentirà dire qualcosa di Lauretta. Mia cognata troppe libertà gli concede. Ora ditemi signora Grazia, tutti io glieli ho piantati i chiodi a Gesù Cristo?
 -Signora Serafina non bestemmiate, vuol dire che per vostra figlia non è ancora arrivata l’ora, ma vedrete, vedrete che arriverà pure per lei.
-Ah, magari fossero sante le vostre parole! E poi quella bella, ah!! Bocca mia statti zitta, prr, le sembra giusto che io abbia appreso da lei questa notizia? Queste cose a chi è di famiglia si partecipano, non è forse vero? Prr.
-Sì, signora Serafina, ma pare che il ragazzo abbia voluto fare le cose un po’ all’oscuro, perché a quanto ho sentito dire la famiglia è in lutto per la morte del fratello di sua madre.