mercoledì 19 gennaio 2011

dal romanzo "La primavera di Palma"


- Che c’è di male se amo Silvestro, a te non interessa che io sia felice? Non è forse questo che desidera ogni cuore di mamma per i propri figli?
Le lacrime scendevano senza che io me ne rendessi conto e, nonostante il mio turbamento, rimanevo come imbambolata.
- Palma, hai solamente venti anni, pensi di meritarti questo? La passione finisce, mi dici cosa farai poi? Ti dispererai, maledirai il giorno in cui è entrato a far parte della tua vita?
Ora un po’ più agitata, portando le mani al petto, con più foga cominciò a dirmi:
- Tua madre, questa donna che ti sta davanti, ti vuole bene ed è per questo che ti parla così.
Sentii che prese un grande respiro, si ricompose e, carezzandomi, mi disse:
- Avanti, non piangere, mi fai stringere il cuore. Vedrai che tra qualche tempo passerà. Su’ amurazzi di carusi. Mi abbracciò, ma stavolta più meccanicamente.
Sapevo che a niente sarebbe valso parlare ancora, le forze mi stavano abbandonando.
- Matri, io non so cosa mi merito o cosa non mi merito, non so dirti come mi sento, ma tu mi capisci, vero?
Il tono della sua voce rimase dolcissimo mentre mi parlava, ma l’espressione del suo viso era tirata. Io la fissavo cercando almeno un po’ del suo consenso, ma non lo trovai. Mamma mi chiedeva di essere lungimirante, mi chiedeva di soffocare questa grande e nuova emozione, perché secondo lei, come spesso succede, avrei avuto altri amori, magari un buon partito e presto avrei dimenticato Silvestro. Mia madre parlava così per risparmiarmi eventuali delusioni, cercava di dirmelo nella maniera più delicata possibile e allo stesso tempo più convincente. Io continuavo a rimanere con l’espressione fissa, ero fortemente turbata e impotente davanti a tutti gli ostacoli che mi poneva davanti, specialmente uno: l’onore della nostra famiglia.

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